lunedì, 27 giugno 2022

AMBASSADOR'S WAY: FRANCESCO ARENA

Gioviale, disponibile, appassionato: a Messina, vicino Piazza Cairoli e l’Università, c’è un regno, quello disteso e allegro di Francesco Arena, classe 1976 e “mastro fornaio”, come lui stesso ama definirsi. 

Arena ha appena vinto i “Tre pani Gambero Rosso” per la qualità della sua produzione e oggi si racconta per noi.
Gioviale, disponibile, appassionato: a Messina, vicino Piazza Cairoli e l’Università, c’è un regno, quello disteso e allegro di Francesco Arena, classe 1976 e “mastro fornaio”, come lui stesso ama definirsi. 

Arena ha appena vinto i “Tre pani Gambero Rosso” per la qualità della sua produzione e oggi si racconta per noi.
Arena, è la seconda volta che vince i “Tre pani Gambero Rosso” con il secondo dei suoi due locali, il Panificio Arena. Soddisfatto?

“Sì, in particolar modo sono contento del team, composto da giovani e giovanissimi”. 

Un gruppo, il suo, che dà molto spazio alle quote rosa.

“Siamo in 24, di cui 19 ragazzi. Di questi, ben 17 sono ragazze. Questo perché a mio modo di vedere sono molto più organizzate degli uomini. Sono più precise e stanno dimostrando di avere un fortissimo attaccamento all’arte bianca”. 

Lavorando con i giovani le chiediamo: come siamo messi in Italia con la preparazione scolastica, sia privata che pubblica?

“Direi che da 1 a 10 potremmo dare un 6. La maggior parte dei ragazzi proviene dagli istituti alberghieri e credo che la preparazione sia adeguata per chi ancora deve entrare nel mondo del lavoro. Poi, se un ragazzo o ragazza è predisposto, con un paio di nozioni in più comincia a camminare da solo. Spetta ai maestri, quindi, farli innamorare”.

E come li si fa innamorare del mestiere di panificatore?

“Facendo da leader, non da capo. Bisogna renderli partecipi anche delle sconfitte. E poi bisogna avere la capacità di lavorare con distensione, anche nei momenti di maggiore stress. I ragazzi devono essere aiutati a mantenere un certo equilibrio. Io lo faccio scherzando”.
Arena, è la seconda volta che vince i “Tre pani Gambero Rosso” con il secondo dei suoi due locali, il Panificio Arena. Soddisfatto?

“Sì, in particolar modo sono contento del team, composto da giovani e giovanissimi”. 

Un gruppo, il suo, che dà molto spazio alle quote rosa.

“Siamo in 24, di cui 19 ragazzi. Di questi, ben 17 sono ragazze. Questo perché a mio modo di vedere sono molto più organizzate degli uomini. Sono più precise e stanno dimostrando di avere un fortissimo attaccamento all’arte bianca”. 

Lavorando con i giovani le chiediamo: come siamo messi in Italia con la preparazione scolastica, sia privata che pubblica?

“Direi che da 1 a 10 potremmo dare un 6. La maggior parte dei ragazzi proviene dagli istituti alberghieri e credo che la preparazione sia adeguata per chi ancora deve entrare nel mondo del lavoro. Poi, se un ragazzo o ragazza è predisposto, con un paio di nozioni in più comincia a camminare da solo. Spetta ai maestri, quindi, farli innamorare”.

E come li si fa innamorare del mestiere di panificatore?

“Facendo da leader, non da capo. Bisogna renderli partecipi anche delle sconfitte. E poi bisogna avere la capacità di lavorare con distensione, anche nei momenti di maggiore stress. I ragazzi devono essere aiutati a mantenere un certo equilibrio. Io lo faccio scherzando”.
E i suoi maestri invece quali sono stati? E com’erano?

“La mia è la terza generazione di panettieri. Il primo panificio, la mia famiglia lo ha aperto nel 1939 a Messina. Al forno c’era mia nonna e poi mio padre. Ecco i miei maestri. Com’erano? Le dico che i miei primi ricordi sono di me che pasticcio con acqua e farina. E poi ricordo bene i rimproveri di mio padre Masino”. 

A Masino è intitolato il primo dei suoi due locali a Messina. Quando è cambiata, invece, la sua percezione del pane e ha cominciato ad avere successo?

“Era il 2016. Abbiamo stravolto la produzione in quell’anno, puntando sui grani antichi. Poi ci siamo fatti conoscere per il Salone del gusto Slow Food, che ci volle come produttori di pane”. 

Senta, come sono le nottate di un panettiere?

“Diverse da quelle di un tempo. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, non dobbiamo più iniziare a lavorare all’1 di notte ma partiamo dalle 5. La tecnica del freddo ci permette di lavorare in maniera quasi normale, e questo aiuta anche i ragazzi ad entrare in questo vecchio-nuovo mondo”.

Ora si parla tanto di voglia di lavorare tra i giovani. Lei ne ha trovata?

“Sì, parecchia. Molto dipende dalla serietà e dal rispetto che un imprenditore ha del lavoro altrui. Ma poi noto che i ragazzi hanno voglia di avvicinarsi a questo mondo perché vedono che gli chef sono riconosciuti pure nei media, in particolare sui social. E questo li affascina”.
E i suoi maestri invece quali sono stati? E com’erano?

“La mia è la terza generazione di panettieri. Il primo panificio, la mia famiglia lo ha aperto nel 1939 a Messina. Al forno c’era mia nonna e poi mio padre. Ecco i miei maestri. Com’erano? Le dico che i miei primi ricordi sono di me che pasticcio con acqua e farina. E poi ricordo bene i rimproveri di mio padre Masino”. 

A Masino è intitolato il primo dei suoi due locali a Messina. Quando è cambiata, invece, la sua percezione del pane e ha cominciato ad avere successo?

“Era il 2016. Abbiamo stravolto la produzione in quell’anno, puntando sui grani antichi. Poi ci siamo fatti conoscere per il Salone del gusto Slow Food, che ci volle come produttori di pane”. 

Senta, come sono le nottate di un panettiere?

“Diverse da quelle di un tempo. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, non dobbiamo più iniziare a lavorare all’1 di notte ma partiamo dalle 5. La tecnica del freddo ci permette di lavorare in maniera quasi normale, e questo aiuta anche i ragazzi ad entrare in questo vecchio-nuovo mondo”.

Ora si parla tanto di voglia di lavorare tra i giovani. Lei ne ha trovata?

“Sì, parecchia. Molto dipende dalla serietà e dal rispetto che un imprenditore ha del lavoro altrui. Ma poi noto che i ragazzi hanno voglia di avvicinarsi a questo mondo perché vedono che gli chef sono riconosciuti pure nei media, in particolare sui social. E questo li affascina”.
Come definirebbe il suo pane?

“Il mio pane è elemento centrale di convivialità. Tecnicamente, dietro al pane Arena c’è tanto studio e un’esperienza maturata in trent’anni di lavoro. Alla fine di questo percorso, siamo riusciti a fare un pane che è uguale a quello di una volta, ma si produce con le attuali tecnologie. Un matrimonio tra innovazione e tradizione”.

Quanto è importante, per un professionista, il legame con un molino, ossia con chi fa concretamente la materia prima?

“Da 1 a 10 vale 11. In panificazione, conoscere la farina è decisivo. Bisogna quindi confrontarsi spesso con i molini e non fermarsi soltanto alla scheda tecnica. Le farine vanno provate, testate e conosciute”.

Quando ha iniziato a lavorare con Molino Casillo?

“Nel 2020. E ho trovato subito un ambiente familiare. Il nostro è un lavoro pesante, che necessita di momenti goliardici. Perché è proprio il caso di dirlo: non si vive di solo pane”.

Come si sta trovando con Origine, la linea super-premium con germe di grano brevettata e dedicata ai professionisti?

“Benissimo. Si tratta di una farina eccezionale, divertente da lavorare. Consiglio a tutti di provarla e di approcciarla serenamente, perché io l’ho trovata semplice da utilizzare, in particolare la Tipo 1 e Tipo 2. E poi, i risultati sono eccellenti. D’altronde, basta aprire un sacco Origine per capire di cosa parliamo: il profumo di grano riempie le narici”.
Come definirebbe il suo pane?

“Il mio pane è elemento centrale di convivialità. Tecnicamente, dietro al pane Arena c’è tanto studio e un’esperienza maturata in trent’anni di lavoro. Alla fine di questo percorso, siamo riusciti a fare un pane che è uguale a quello di una volta, ma si produce con le attuali tecnologie. Un matrimonio tra innovazione e tradizione”.

Quanto è importante, per un professionista, il legame con un molino, ossia con chi fa concretamente la materia prima?

“Da 1 a 10 vale 11. In panificazione, conoscere la farina è decisivo. Bisogna quindi confrontarsi spesso con i molini e non fermarsi soltanto alla scheda tecnica. Le farine vanno provate, testate e conosciute”.

Quando ha iniziato a lavorare con Molino Casillo?

“Nel 2020. E ho trovato subito un ambiente familiare. Il nostro è un lavoro pesante, che necessita di momenti goliardici. Perché è proprio il caso di dirlo: non si vive di solo pane”.

Come si sta trovando con Origine, la linea super-premium con germe di grano brevettata e dedicata ai professionisti?

“Benissimo. Si tratta di una farina eccezionale, divertente da lavorare. Consiglio a tutti di provarla e di approcciarla serenamente, perché io l’ho trovata semplice da utilizzare, in particolare la Tipo 1 e Tipo 2. E poi, i risultati sono eccellenti. D’altronde, basta aprire un sacco Origine per capire di cosa parliamo: il profumo di grano riempie le narici”.

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